Il peccato accettabile

Sì, c’è un peccato che forse abbiamo imparato ad accettare, e di cui si parla poco

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Gran parte dei Cristiani oggi afferma tranquillamente che tutti i peccati sono “uguali” agli occhi di Dio, che non c’è una scala gerarchica del peccato, che una bugia bianca o un omicidio sono stati entrambi oggetto della morte di Cristo sulla croce.

Passiamo poi dalla teoria alla pratica. C’è un peccato in particolare che ha pervaso la nostra società e le nostre chiese in maniera subdola tanto che raramente ci pensiamo su, ed è la costante bramosia per “qualcosa di più” di ciò di cui abbiamo realmente bisogno.
Un peccato conosciuto, in termini più arcaici, come “ghiottoneria”.

Quando penso alla ghiottoneria, mi immagino a rimpinzarmi la bocca con una dozzina di ciambelle (naturalmente ben glassate) o, se preferite il salato, di patatine fritte. Molti di noi potrebbero pensare alla ghiottoneria e dire “No, non credo sia un mio problema” oppure “Ma è veramente un peccato? Conosco tanti bravi credenti che mangiano in continuazione, eppure non sono considerati meno spirituali o degli sviati”

Ma la ghiottoneria non è mera dipendenza da cibo. Se guardiamo alla sua originale definizione e nel contesto biblico, la ghiottoneria ci appare molto più vicina di quanto tenderemmo ad ammettere.

La ghiottoneria, in poche parole, è la dipendenza dell’anima all’eccesso.

Quando il desiderio, la brama, supera l’effettivo bisogno. E nella nostra società, dove “andare oltre” è diventata una parola d’ordine, è spesso difficile distinguere la differenza tra un legittimo desiderio e un pigro capriccio. In questo senso, anche i più atletici e tonici tra noi possono essere dei ghiottoni. Ognuno di noi lo può essere.

Tutto il desiderio per l’eccesso nasce dalla mancanza di soddisfazione. Non sono soddisfatto da ciò che ho nel piatto, del mio matrimonio, del mio conto in banca. Non mi basta, quindi voglio di più. Ma ogni porzione è una parte finita di qualcosa di finito, quindi sarò alla ricerca di qualcosa che non potrà mai appagare i miei appetiti.

Questa è la storia di Genesi 3. Il primo peccato in Eden non è stato altro che un desiderio di qualcosa di più. Adamo ed Eva avevano ogni cosa a disposizione, non provavano né tristezza né vergogna, ma non era questo ciò che rendeva quel giardino un paradiso. Era tale perché Dio camminava “sul far della sera” con loro. Eppure, la caduta di Adamo ed Eva fu causata dalla convinzione che tutto questo non fosse abbastanza. Non erano contenti della loro porzione di paradiso: un’insoddisfazione che portò al disastro.

Proprio come loro, siamo esseri rapaci. In noi rinchiudiamo voglie spasmodiche che ci spingono alla prossima novità, in un vortice senza fine.
“Insaziabili sono gli occhi degli uomini” afferma Proverbi 27:20. Sempre alla ricerca di qualcosa che possa appagare una sete mai doma. Questa spinta costante è il motore della ghiottoneria, il propellente verso l’eccesso. Eppure, questo desiderio per “qualcosa di più” può volgersi al bene.

Ciò di cui abbiamo bisogno è un insaziabile appetito per il divino.
Abbiamo bisogno di una “santa voracità”.

Le nostre anime assetate possono essere placate dalle delizie che troviamo alla presenza di un Dio glorioso. Esiste un’unica infinita fonte di soddisfazione che può davvero appagarci.

Un assaggio della grazia suprema è abbastanza per saziare un’anima che ha trangugiato per troppo tempo le misere porzioni del peccato. Se i piaceri del mondo hanno viziato il palato senza soddisfarlo, il pane della vita lo appagherà con un cibo eterno.

E c’è pure uno strano effetto collaterale: più ci ciberemo dell’amore sconfinato dell’Eterno, più i nostri gusti cambieranno. La gustosa polpa della grazia placherà anche gli appetiti più insaziabili.

Il Salmo 34 ci sfida a provare la differenza in prima persona:

“Provate e vedrete quanto il Signore è buono”.

Paolo conosceva perfettamente questo versetto quando disse al popolo di Listra che è Dio che provvede ai nostri bisogni in modo da farci volgere dalle vanità alla completa soddisfazione, fisica e spirituale (Atti 14:15-17).

Ti senti insoddisfatto? Vuoi “qualcosa di più”?
Vai a Colui che può fare ” infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo”.

(Efesini 3:20)

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