“Dal Palcoscenico a Cristo”

La testimonianza di Luigi…


 
Tutto ebbe inizio nel mese di agosto del 1973 quando, appena sedicenne, partii da Roma con i miei genitori per trascorrere le vacanze estive in Sardegna, loro paese di origine. Trovai lì mio zio, completamente cambiato dall’ultima volta che ci eravamo lasciati: da qualche mese aveva accettato Gesù come suo personale Salvatore. Qualcosa era avvenuto in lui che non sapevo spiegare. “Il motivo”, mi disse offrendomi un Vangelo, “è tutto qui”.

Cominciai, incuriosito, a leggere quel piccolo libretto e la semplicità di quel messaggio disarmò i miei pregiudizi, lasciandomi intravedere una nuova realtà. Frequentai regolarmente la piccola comunità contro l’opposizione dei miei genitori che vedevano quella scelta come il tradimento dell’ideale religioso con il quale ero stato educato fin da bambino. Ricordo ancora con commozione quei momenti di comunione fraterna trascorsi nel salotto di una casa povera ma dignitosamente adorna. Quei culti avevano la semplicità dei primi culti cristiani, quando i credenti aprivano le proprie case alle riunioni di preghiera. Venne poi il tempo di rientrare in città: con il fraterno saluto della mia nuova famiglia in Cristo e… l’indirizzo di una comunità di Roma. Qui frequentai i culti domenicali per circa un anno, deriso dagli amici e osteggiato da genitori e parenti. Mi sentivo solo nella lotta, probabilmente perché la mia debole fede non riusciva a sperimentare la potenza del Signore.

Dopo circa un anno quel debole lumicino di fede si andò spegnendo, attratto sempre più dalle luci del mondo. Fu l’inizio lento ma inesorabile del periodo più cupo della mia vita: quattordici lunghi anni passati da un abisso a un altro abisso, sempre alla ricerca di nuove emozioni, nuove esperienze che soddisfacessero la sete insaziabile di pace e tranquillità che aveva la mia anima. A distanza di anni posso dire con piena certezza che, pur avendo abbandonato il Signore in quel momento, Egli, a Sua volta, mi è sempre stato vicino aspettando pazientemente il momento opportuno per recuperare la sua pecora. Avevo cominciato a frequentare un piccolo bar vicino casa, ritrovo di giovani sbandati che vedevano il mondo come terra di conquista. Come sempre avviene a chi va con lo zoppo, imparai anche a zoppicare: scorribande notturne, malefatte al limite della legalità erano all’ordine del giorno. Ma, come una goccia d’olio dentro un bicchiere d’acqua conserva le sue caratteristiche, allo stesso modo non mi sentivo integrato tra quegli “amici”. Ero “tra” di loro e “con” loro ma non ero uno “di” loro. Nel frattempo avevo intensificato i miei studi divorando i libri con una sete insaziabile. Approdai quindi alla mia fase musicale: studiai solfeggio e suonando la batteria feci parte di un gruppo musicale. Anche questo, però, non era sufficiente a placare la mia anima, l’insoddisfazione regnava sempre su di essa.

Un giorno fui contattato per sostituire un percussionista di una compagnia teatrale che metteva in scena “Elena di Troia” di Euripide nello splendido scenario del teatro greco di Siracusa. Restai così affascinato da quel mondo che al rientro mi iscrissi all’accademia d’arte drammatica “Mario Riva” e, bruciando ogni tappa, dopo due anni di studi, prima del saggio d’esame, mi avviai alla nuova carriera con un importante contratto in tasca. Ricominciarono però, ad riaffiorare le paure, le insoddisfazioni e le incertezze rimaste sopite in fondo all’anima. Il mare stava nuovamente agitandosi, divenendo pian piano burrasca, quando nel Febbraio del 1987 venni scritturato per una “Passione”, cosiddetta per il suo carattere religioso. Il palcoscenico era l’abside della chiesa di S. Bortolomeo all’isola Tiberina di Roma. Avrei dovuto interpretare il sacerdote Caifa. Qui iniziò quel sofferto travaglio che mi ha portato a capitolare davanti all’amore di Gesù. Tornavo a casa dopo le prove con l’animo pesante, angustiato per l’interpretazione che dava il regista al “dramma della croce”. Gesù era visto in chiave di rivoluzionario e Giuda una vittima della rivoluzione. Mi sentivo profondamente offeso da questo, era come se stessero denigrando il mio più caro amico. Una notte, pochi giorni prima del debutto, non riuscivo a prendere sonno, alzandomi dal letto venni colto da un improvviso malore: una forte vertigine mi fece perdere l’equilibrio e caddi a terra. Ricordo che fu più lo stupore di scoprirmi debole e fragile a colpirmi che il male in sé. Due parole affiorarono sulla mia bocca: “Gesù aiutami”. Avvertii in quel momento la presenza di qualcuno vicino a me che incoraggiò il mio cuore, come un annegato quando afferra il braccio del suo salvatore. Sentivo una voce che mi spingeva a riguadagnare il letto e aprire quella Bibbia da tanti anni dimenticata nel mio comodino. Cominciai a leggere il Vangelo di Giovanni. Ogni parola era un passo in paradiso, lacrime dolci scivolavano dai miei occhi per tutti i peccati che, ad uno ad uno, il Signore mi stava perdonando in quel momento. Il mattino dopo ero una nuova persona, tutto era cambiato intorno a me e dentro di me. Il giorno prima fumavo e da quel mattino le mie labbra non hanno più toccato una sigaretta; bevevo alcolici e vino in maniera smodata per darmi coraggio prima di entrare in scena e tutto ciò scomparve quella notte stessa. Gloria a Dio! Il Signore, oltre all’opera della salvezza, compì per me anche il miracolo di una potente liberazione.

Dovevo ritrovare i miei fratelli! Chiedevo al Signore di guidarmi verso una comunità più vicina di quella che avevo frequentata anni addietro. Qualche giorno dopo, cercando di sintonizzare la mia autoradio captai il segnale di una emittente che trasmetteva messaggi evangelici e… gli indirizzi delle chiese. Quando per la prima volta dopo tanto tempo entrai la domenica mattina per il culto, scoppiai a piangere. Questo successe per tre volte. Il 20 settembre del 1987 il Signore, come sempre fedele, mi battezzò nello Spirito Santo durante la preghiera del culto domenicale. Nel corso delle tre notti successive Egli confermò quella gloriosa esperienza con una presenza così particolare che non potrò mai dimenticare. Ora vive ancora in me il desiderio profondo di servirlo, onorarlo e amarlo, perché la sua presenza è ancora viva e tangibile nella mia vita e la Sua Parola continua a dare vita all’anima mia.

Luigi

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